Per Agitu

Per Agitu 
disegno di Ernesto Anderle 
Molti di noi hanno conosciuto Agitu al mercato, 
la sua storia e la sua energia di imprenditrice ecologista 
ci avevano ispirato ed emozionato, 
tanto da invitarla a riportare la sua testimonianza in Università, 
durante un nostro evento.

La triste notizia di ieri sera ci ha scosso profondamente,
come parte di una comunità nutrita per anni da forza, dolcezza e capre felici. 

Per ricordare Agitu 
abbiamo deciso di appendere un drappo nero alle nostre finestre, 
ed invitiamo chiunque a farlo. 
Non dimenticheremo mai la sua tenacia.
 
Trento, 30 Dicembre 2020
Ingegneria Senza Frontiere Trento
 
Agitu a Mesiano – Amalgamare 2019 
foto di Beatrice de Blasi

 

#blackfriday

Okay, ora, attorno a noi c’è il sistema, la società, che abbiamo cocostruito fino ad oggi. A fianco delle cose che sappiamo fare molto bene, ci sono quelle che siamo ancora molto poco bravi a fare, e se ne parla spesso, giustamente. Una di quelle cose è gestire consumi di un certo tipo, e i rifiuti che ne conseguono.

Al momento in cui questo post viene pubblicato è appena finito il BlackFriday, un giorno in cui usiamo acquistare ancora più volentieri. Nell’ombra di ogni oggetto acquistato c’è quella dell’oggetto consumato, del rifiuto. Ogni rifiuto ha il suo “impatto”, di magnitudo variabile: elevata se guardo alla gestione del rifiuto oggi, minore se guardo a una gestione di un possibile domani, a volte prefigurato, osato, da alcuni pionieri, qui e là.

Tiro per esempio in causa l’industria dell’abbigliamento: in mano ho allora, ad oggi, un importante contributore all’inquinamento globale, con picchi anche del 10%, oltre che una delle industrie che remunera i lavoratori con paghe tra le minori al mondo.
Vi invito a scorrere questa pagina: sotto questo post, sotto quello che propaganda il nostro 5×1000, quello di Amalgamare, del CCI e infine di un celebre festival cinematografico, c’è quello di “S-Cambiamoci”, di cui vi interesseranno, lo prometto, i poster sulla filiera tessile. Potete non scorrere alcunché, ma solo se sapete già quante tonnellate di microplastiche finiranno negli oceani entro il 2050, quante tonnellate di vestiti compriamo in Europa, o banalmente cosa sia la fast-fashion.

Prendo ora gli apparecchi elettronici: richiedono uno sforzo immenso per essere prodotti, e nonostante questo, pensare di far concludere la loro vita in un cassonetto, invece che considerare un dignitoso restauro è l’idea più comune. Vi invito a dare un’occhiata a quello che fanno per esempio realtà come Trashware, a Cesena dove provano ad applicare quest’ultima logica. Segue link d’obbligo: https://www.corriereromagna.it/nuova-vita-ai-computer-a-cesena-accordo-per-progetto-trashware/

Se infine considero la catena del rifiuto stessa: ebbene le dinamiche criminose possono trovarvi terreno molto fertile, com’è purtroppo ovvio. Nella serata del 9 dicembre se vi interessasse l’argomento, potreste trovare di che dissetarvi a questa pagina, si parla di ecomafie: https://www.facebook.com/events/2716751938540188/

E qui concludo: cambiamenti come questi, di sistema, si giocano spesso sui due celebri fronti: quello delle scelte individuali e quello del cambiamento di rotta di attori più pesanti, intere aziende. Per quanto riguarda la prima, up to you, o insomma, up to us. Per quanto riguarda la seconda, potreste farvi ispirare da una realtà come Patagonia (per citarne una): ha ormai qualche anno, ma “Let my people go surfing”, di Yvon Chouinard, continua a essere un buon libro e parla proprio di un’azienda che è arrivata dov’è arrivata pur mantenendo certi principi. No spoiler.

5×1000

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  • Amalgamare: film festival su filiera alimentare e ambiente
  • Swapping party: per una filiera tessile circolare
  • GIS4all: sistemi informativi geografici per la comunità
  • Orti Aperti: realizzazione di un orto didattico a Mesiano

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